IL TRIBUNALE
   Letta  la  nota della prefettura di Avellino del 28 giugno 1999 con
 la quale e' stata chiesta l'applicazione nei  confronti  di  Pagnozzi
 Stella,  nata  il  6  novembre  1962  a S. Martino Valle Caudina, ivi
 residente via Paduli n. 1, moglie di Panella Renato, nato a Benevento
 il 13 marzo 1960 e residente a S.  Martino  Valle  Caudina  alla  via
 Paduli n. 1, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza
 speciale  con obbligo di soggiorno per la durata di anni due ai sensi
 della legge antimafia n. 575/1965,  del  divieto  di  iscrizione  nel
 registro  degli  esercenti il commercio ai sensi dell'art. 10, quarto
 comma della legge antimafia n. 575/1965;
   Vista la nota della Questura di Avellino, la quale, su richiesta di
 informazioni,  ha  fatto  conoscere  che  la  predetta  misura  della
 sorveglianza speciale e' divenuta definitiva il 7 febbraio 1997;
   Ritenuto che nel caso in esame sono ravvisabili evidenti profili di
 illegittimita'  costituzionale della norma dell'art. 10, quarto comma
 della legge n. 675/1965;
   Rilevato che la questione, sollevata con riferimento agli artt.  3,
 4, 27, 41 e 97 della Costituzione, fu gia' affrontata e  risolta  non
 di   recente  dalla  Corte  costituzionale,  la  quale  la  dichiaro'
 manifestamente infondata  con  ordinanza  16  giugno  1988,  n.  675,
 ritenendo  ragionevole  la  presunzione  di intestazione fittizia dei
 beni per eludere la norma;
   Ritenuto, tuttavia, che  sono  ravvisabili,  anche  sulla  scia  di
 notevoli  osservazioni e dubbi di incostituzionalita' sollevati dalla
 giurisprudenza e dalla dottrina (vedansi t.a.r. Lazio 22 agosto  1987
 in  foro Amm.   1987, pag. 3441, t.a.r. Lombardia 7 novembre 1985 e 9
 dicembre 1985 in Giur.  della  Costituzione  1986,  II,  p.  884,  G.
 Insolera,  Considerazioni  sulla  nuova  legge antimafia in Pol. Dir.
 1982, p. 698; G. Conte, Poteri di accertamento, misure patrimoniali e
 sanzioni amministrative antimafia, in Foro it. 1984, V,  p.  262;  P.
 Celentano,   Verso   una   giurisdizionalizzazione  delle  misure  di
 prevenzione, in Riv. pen. econ. 1992, p. 522; G.  De Chiara, Commenti
 articolo per articolo, d.l. 8 giugno 1992, n.   306 (antimafia)  art.
 22-bis  in  Leg.  pen.  1993,  p. 236), profili ulteriori, rispetto a
 quelli   gia'   esaminati   dalla   Consulta,    di    illegittimita'
 costituzionale  della norma dell'art. 10, quarto comma della legge n.
 575/1965 rilevanti ai fini della  decisione  che  il  tribunale  deve
 adottare  ed in particolare riguardanti la suddetta norma nella parte
 in cui impone al giudice di applicare al convivente di chi sia  stato
 sottoposto a misura di prevenzione antimafia il divieto di iscrizione
 nei  registri  della  Camera  di  commercio  e  quindi  il divieto di
 ottenere licenze o autorizzazioni all'esercizio del commercio;
   Considerato, in particolare, che, secondo la citata dottrina  (cfr.
 G.  De  Chiara,  cit.),  le  misure  interdittive vengono applicate a
 carico di chi non abbia subito alcun  procedimento,  per  cui  essere
 verrebbero  ad  assumere il carattere di pena accessoria se collegate
 con  la  sentenza  di  condanna  e  quello  di   effetto   accessorio
 patrimoniale  con  finalita'  di  prevenzione  se  collegate  con  la
 irrogazione di una misura di prevenzione definitiva;
   Ritenuto,  per  quanto  qui  interessa  e  con   riferimento   alle
 conclusioni   cui  e'  pervenuta  la  citata  ordinanza  della  Corte
 costituzionale, che non puo' considerarsi ragionevole la  presunzione
 di  intestazione fittizia dei beni per eludere la norma nella ipotesi
 di estensione dei divieti ai conviventi del sottoposto  a  misura  di
 prevenzione,   in   quanto   il  carattere  assoluto  della  predetta
 presunzione non regge ad un giudizio di ragionevolezza;
   Ritenuto,  in altri termini, che il profilo di inconstituzionalita'
 e' da ravvisare proprio nella parte in cui la  norma  denunciata  non
 consente  alcuna  prova  contraria  perche'  e'  appunto  per effetto
 dell'apoditticita' della presunzione che essa assume evidenti profili
 di irragionevolezza; infatti, sarebbero sempre possibili accertamenti
 patrimoniali per stabilire se il prevenuto disponga di beni  immobili
 o   di   capitali   investibili  nell'attivita'  commerciale  che  il
 convivente  intenda  intraprendere  oppure  se   quest'ultimo   abbia
 capitali   propri   o   comunque  disponga  di  mezzi  finanziari  di
 provenienza non sospetta;
   Considerato in particolare, con stretto riguardo al caso in  esame,
 che  la  predetta  presunzione  di  intestazione  fittizia  dei beni,
 definibile  anche,  per  meglio  intendersi,  come  presunzione   che
 l'attivita'   commerciale  che  il  convivente  voglia  intraprendere
 costituisca attivita'  di  copertura  di  quella  di  stampo  mafioso
 esercitata  dal  sottoposto  alla  misura  di  prevenzione,  non puo'
 ritenersi sempre corrispondente alla realta', la  quale  invece  puo'
 offrire  l'esempio  di  casi  concreti in cui l'attivita' commerciale
 viene iniziata e svolta con capitali propri del convivente, cioe' non
 provenienti da quella, socialmente pericolosa, che ha dato luogo alla
 irrogazione della misura di prevenzione;
   Rilevato che un esempio puo' indicarsi proprio nel caso  in  esame,
 nel  quale,  essendo il Panella Renato, marito della Pagnozzi Stella,
 detenuto da lungo tempo (risulta  infatti  a  questo  tribunale  che,
 condannato  ad anni sei di reclusione per spaccio di stupefacenti, lo
 stesso  ha  subito  un  ulteriore  condanna,  con  aumento   per   la
 continuazione di ulteriori anni quattro di reclusione con sentenza di
 questo  tribunale  del  15  luglio  1999 e trovasi tuttora detenuto),
 sorge quanto meno il dubbio che egli possa finanziare il  coniuge  ai
 fini dell'esercizio commerciale  predetto;
   Considerato  in  definitiva  che  e'  appunto  l'assolutezza  della
 presunzione contenuta nel  quarto  comma  dell'art.  10  della  legge
 575/1965  a  violare  il principio di ragionevolezza, e, imponendo al
 giudice  di  applicare  il  divieto  di  esercizio  di   un'attivita'
 economica  senza alcuna possibilita' di indagine o di accertamento, a
 porsi in contrasto con  gli  altri  principi  costituzionali  dettati
 dall'art.  3  (rimozione,  nella  specie,  di  un  ostacolo di ordine
 sociale al lavoro, perche' anche l'essersi unito in matrimonio  o  il
 convivere  con  una  persona  e'  una condizione di vita sociale, non
 sempre scelta in piena liberta'),  dall'art.    4  (effettivita'  del
 diritto  al lavoro), dall'art. 27 (estensione di conseguenze comunque
 di carattere penale - perche' anche l'applicazione di una  misura  di
 prevenzione  presuppone  l'accertamento  di  una  responsabilita'  di
 ordine penale, essendo diverso, rispetto all'irrogazione di una pena,
 soltanto il grado di certezza che si assume come presupposto - ad una
 persona rimasta estranea al procedimento di  prevenzione),  dall'art.
 24  (applicazione  di  conseguenze  dannose  comunque derivanti da un
 procedimento del tutto assimilabile a quello penale  ad  una  persona
 che  in  quel  procedimento  non  ha  avuto  alcuna  possibilita'  di
 difendersi, a proposito del  quale  si  richiama  l'attenzione  sulla
 progressiva giurisdizionalizzazione del procedimento di prevenzione),
 dall'art.  41  (ostacolo  alla libera iniziativa economica, frapposto
 per effetto di una presunzione, come si e'  detto,  irragionevolmente
 assoluta).